Ciao, sono Mariachiara Montera: sono una content creator, copywriter, consulente, e podcast host. Se oggi si parla così tanto di cibo, è anche colpa mia.
La mia agenda è scomparsa
Mentre stai leggendo questa newsletter, sto scendendo dall’aereo che da Milano mi ha portato ad Adis Abeba, e da Adis Abeba a Maputo, in Mozambico. Passerò qui una decina di giorni, insieme a Helpcode: è il mio secondo viaggio con questa ONG. Lavorano in diversi paesi del mondo su progetti di educazione, nutrizione, agricoltura, equità di genere, a sostegno di bambini e delle comunità in cui vivono.
Rispetto alla scorsa volta in cui sono stata lì, ora stiamo entrando nell’inverno, con temperature tra i 20° e i 30°, e un clima secco: in valigia ho messo un paio di felpe, dei cioccolatini da portare in regalo, una French Press da viaggio e del caffè specialty macinato, perché non riesco a tornare indietro.
Una delle cose che più ho amato l’anno scorso, nel primo viaggio in Mozambico che è stato anche il primo viaggio in Africa, è stato vivere in un modo radicalmente diverso da quello a cui sono abituata: mi sono immersa in un continuo cambio di programma, a seconda del tempo, della disponibilità delle persone, della necessità del momento.
Lì per lì ho vissuto questo un po’ con abbandono e un po’ con frizione: sono la donna dell’agenda e dei calendari, ma non potevo fare altrimenti.
Quando sono tornata, non ci ho messo molto a tornare a programmare tutto: pensavo che sarebbe stato per sempre così.
Gli ultimi mesi invece la mia agenda è scomparsa, e ora ti spiego perché.
Che confusione: atto primo.
Tra novembre e dicembre 2023 ero in pieno burn out. A gennaio ho cominciato a riprendermi, febbraio è volato e a marzo, ma forse prima, ho cominciato a essere molto confusa, e molto stanca.
Scrivevo le cose da fare in agenda, e mi dimenticavo di consultarla. Avevo attacchi di sonnolenza molto forti, e una sensazione abbastanza onnipresente di annebbiamento e disorientamento. Ho vissuto diversi momenti di panico, che mi rendevano ancora più esausta.
Sono andata da una psichiatra, e dopo un mese di rimedi più blandi, siamo passate a una cura farmacologica, che mi sta sistemando sonnolenza e confusione. Sono molto felice di questa scelta, che mi sta facendo tornare in una condizione di maggiore equilibrio con me stessa.
Nel frattempo: ho sperimentato che di assenza non si muore.
Che stordita: atto secondo.
Al di là del disorientamento del mio cervello, o forse complice, in questi mesi ho dimenticato, spesso, quasi tutto: le chiavi di casa, gli appuntamenti, i luoghi, i nomi. Ho perso occhiali, ho lasciato a casa il portafogli i giorni in cui avevo le visite mediche, ho preso chiavi sbagliate.
Nella mia vita, ho perso una sola volta il telefono, ed era all’università. Controllo tutto, ho un posto per le chiavi, uno per gli occhiali, ho un contenitore per le mutande bianche e uno per le mutande nere, la dispensa ha la parte delle salse asiatiche diversa da quella dell’olio e dell’aceto. Divido la borsa in borsellini, ognuno con una funzione (farmaci, bellezza, lavoro).
Insomma: sono Carlo Verdone con i capelli lunghi e le tette.
La cosa buffa è che quella che credevo fosse la tempesta della disattenzione mi ha fatto a malapena il solletico: non si è fatto male nessuno, e in fondo me la sono cavata bene.
Ho portato a termine i miei impegni, ho chiesto scusa quando sono arrivata in ritardo, ho riso di fronte all’ennesimo atto di dimenticanza. Mi sono anche preoccupata, ma più di tutto mi sono sentita diversa, e ho esplorato questo terreno in cui ci si muove a casaccio, su un terreno morbido, o a saltelli.
Insomma: non è male essere stordita. Perché per me ha significato lasciare andare il controllo.
Fare il possibile: atto terzo.
Il lavoro, nel presente, sta andando bene, e non ho un prospetto chiaro dei prossimi mesi. Per la prima volta però, e questo è cominciato prima dei farmaci, prima dello stordimento, ho scelto di non strafare. Di non inventarmi nuovi progetti per fare cassa. Di non farmi cannibalizzare dall’ansia.
È un meccanismo di cui ho preso coscienza da poco, comune spesso a persone che non hanno le spalle coperte: si concentrano sul breve termine, per esigenza e paura, e nel farlo si esauriscono, si ammalano, si consumano.
Ho lavorato bene con i clienti attuali, ho ridefinito il mio posizionamento, ho comunicato in maniera più chiara cosa faccio, e cosa sono. Sono arrivati nuovi clienti, e nuove proposte. Entro fine luglio dovrei fare un buon fatturato, per le mie previsioni di metà anno. A maggio lavorerò troppo, ma questo anche per dei ritardi non miei. Vediamo cosa arriverà da settembre.
L’ultima volta che sono andata dalla psicologa le ho detto
- “Mi sembra di sentirmi in pace perché so che sto facendo il possibile”
- “Ma lei lo ha sempre fatto”, è stata la risposta.
Solo che, in una testa dove la volontà e il controllo sono il perno attorno a cui far ruotare il giudizio su di te, quello che fai non è mai abbastanza. Per me, in questi anni, non è stato mai abbastanza.
Ora lo è, proprio nel momento in cui mi sembra di stare agendo di meno.
La volontà: atto conclusivo.
Cosa dire se non che Nicoletta Cinotti è ormai una ospite fissa in questa newsletter? Qualche giorno fa ho partecipato alla sua meditazione gratuita del lunedì mattina, che parla proprio di lasciare andare i piani
Dice:
Proviamo ad avere fiducia in quello che sorge anche al di fuori della nostra volontà. Fiducia che la realtà faccia qualcosa anche se noi non muoviamo un passo.
Ascoltala anche tu.
Setaccio è una miscellanea di link di cose che ho mangiato, letto, appuntato e che possono essere di ispirazione per i tuoi appetiti.
Non sono certo la sola a vivere con una costante insoddisfazione (articolo scoperto grazie alla Nl di Conosco Un Posto)
A Roma c’è un negozio che vende solo illustrazioni a tema gastronomico
La Sriracha non è una salsa asiatica, ma americana (ne ho parlato al Creative Morning di Torino di aprile, dove il tema era proprio “Spicy”)
Se come me fondi i contenitori di plastica in lavastoviglie, un articolo su come caricarla in maniera corretta
A cosa sto lavorando?
Insieme a Gastronomia Yamamoto stiamo progettando eventi e presentazioni con persone e momenti bellissimi.
Come creator, ho cominciato una collaborazione con Gelati Sammontana <3, sono andata a Milano a godermi Brera con Philippe Model Paris, e a maggio lavorerò su: ostriche, vini, frutta. Ma chi si annoia.
Questo viaggio in Mozambico con Helpcode sarà l’occasione per raccogliere nuove testimonianze del lavoro della ONG sul territorio, e per mangiare e cucinare qualcosa che non ho mai assaggiato. Racconterò parte di questo viaggio su Instagram, seguimi di là.
Il weekend passato è stato un bel turbinio: ho parlato di piccante al Creative Morning in Fondazione Paideia, di amore e di recensioni al Mercato Centrale con Il Post e Linkiesta Gastronomica.
Vuoi che venga a fare un reading o un evento intorno a un ingrediente a tua scelta? Scrivimi a ciao@mariachiaramontera.it e lavoriamo insieme.
Ho una nuova agente, che mi segue per la parte editoriale: non vedo l’ora di presentartela.
Cosa ho comprato
(idea rubata a Domitilla Ferrari)
Una French Press da viaggio, della Bodum
Una protezione solare in stick per riapplicarla quando sono fuori casa tutto il giorno
Dei calzini marca Omero, in merceria.
(Alcuni di questi link sono affiliati, ossia se compri seguendo quei link io ho una percentuale di guadagno)
Ciao, sono Mariachiara Montera: racconto il mondo e le storie attraverso il cibo, con un approccio interdisciplinare. Sono content strategist e content creator, copywriter, talent, podcast host, formatrice. Realizzo e progetto contenuti per arrivare alla pancia delle persone e smuovere scelte, emozioni, decisioni.
Scrivo e lavoro col cibo dal 2006: l’ho fatto per aziende, persone, testate, siti, giornali, blog aziendali.
Nel 2019 ho pubblicato il mio primo podcast per Storytel, Lingua, dove parlo di cibo e relazioni.
Nel 2022 è arrivato Guscio, il mio secondo podcast per Storytel, dove affronto il tema della psicoterapia: anche qui c’è tanto cibo.
Sempre nel 2022, ho scritto un saggio autobiografico per Einaudi, “Non dipende da te”, sul tema del lavoro e della vergogna.
Il cibo è il modo in cui ho scelto di raccontare il mondo che abito: la scrittura è la chiave con cui comunico il mondo che vedo e quello che creo.